LA VIRATA E L'ATTERRAGGIO

(Da Delta & Parapendio n. 171, ottobre 2006)

LA VIRATA

La virata in PRM é potenzialmente più critica che in volo libero, in quanto il baricentro della calotta sotto effetto della spinta del propulsore si sposta all'indietro rallentando il profilo ed ogni azione sui comandi peggiora la situazione, inducendo oscillazioni che possono anche avvicinare la semiala allo stallo specialmente se si associa nel transitorio un incremento di potenza. E' risaputo infatti (o almeno dovrebbe esserlo) che l'inconveniente più frequente nel volo in PRM è lo stallo asimmetrico.
Solitamente le ali espressamente dedicate al volo motorizzato si comportano bene in quanto partono da un assetto di base un pelo più picchiato, sono più piccole, campanate, stabili in beccheggio e dinamiche in rollio. Molte hanno una ripartizione della portanza ³a triangolo², con centro di pressione alle estremità più avanzato. Ma non é detto che anche un'ala da volo libero non possa comportarsi bene. Qualunque ala utilizziate l'importante è non forzarla mai, e agire nella maniera corretta: calare un poco i giri motore, specialmente se vogliamo virare dalla parte opposta alla coppia, spostare il peso e agire con moderazione sul comando, dando all'ala il tempo di reagire. Quando sentiremo che comincia a smuoversi, allora potremo casomai trazionare ancora qualche centimetro il comando e ridare un poco di motore.
Se sentite che sotto motore la vostra vela diventa particolarmente inerte, non insistete, girate larghi, togliete gas se dovete virare controcoppia. Per non sbagliarvi regolate i freni lunghi, vi accorgerete così se la vostra mano si abbassa troppo e farete più fatica a trazionare il comando oltre una certa misura. Approposito di regolazioni non é superfluo ricordare come, con gli attacchi alti, sia necessario allungare i comandi di una ventina di centimetri rispetto a quelli bassi.
Ma come si fa, nel caso, a virare stretti? La miglior cosa é disporre di una vela adatta, dinamica e sicura, che inclini volentieri e con la quale non occorrano malizie particolari. Quindi, l'ideale é impostare la manovra dalla parte della coppia generata dall'elica. Partendo dal volo livellato o, meglio ancora, in discesa, agiamo con freno e peso, senza forzare. Non appena sentiamo che l'ala tende ad inclinare e centrifugare (non prima!), allora interveniamo col gas, chiudendo la virata di potenza. Meglio non oltrepassare i 180°, per non incappare nella propria scia. Raddrizzandoci toglieremo motore, per limitare la cabrata. Vi accorgerete anzi di come il dare e togliere motore non é solo un modo per limitare le pendolate bensì chiude o apre la virata stessa.
Se proprio vi serve un ingresso rapido, consiglio senz'altro di applicare la tecnica del contropendolo: per virare a sinistra abbozziamo una virata a destra, quindi sfruttiamo la pendolatina di ritorno per chiudere a sinistra, con o senza motore dentro, e viceversa. Oppure ancora é possibile provocare, prima di trazionare il freno interno, una piccola picchiata sul beccheggio. Ma si tratta evidentemente di manovre riservate a piloti già esperti, che sappiano comprendere e sfruttare le complesse dinamiche degli assetti più accentuati. I principianti (ma non solo!) dovrebbero evitare come la peste qualsiasi manovra repentina, usare dolcezza e gradualità, ricercare fluidità e armonia nei gesti.
 

L'ATTERRAGGIO

L'atterraggio in PRM si fa a motore spento. Ci sono molte persone che atterrano aiutandosi con la spinta del motore, anche in contropendio, ed é vero che in taluni casi é utile disporre di questo ausilio ma non posso che sconsigliarvelo, in special modo se siete principianti della disciplina. La discriminante tra la smotorata strategica ed il disastro é alquanto sottile, il rischio troppo elevato e tutto sommato é preferibile un atterraggio pesante e  l'imbrago sporco d'erba che non rompere tutto.
L'unico caso in cui ritengo accettabile atterrare col motore acceso é in presenza di brezza tale da rendere possibile il contatto col terreno praticamente da fermi al solo fine di eseguire un ³touch & go², mantenendo quindi l'ala in pressione sulla testa e ridando immediatamente motore per ridecollare. Allo stesso modo é possibile simulare decine di decolli fronte vela, con brezza tesa e laminare, adagiando lŒala al suolo dopo l'atterraggio per risollevarla subito e ricominciare quindi da capo. Sono tuttavia manovre da mettere in pratica solo dopo aver acquisito una certa esperienza col paramotore, e comportano comunque una certa dose di rischio in più.
Ai principianti consiglio anzi di spegnere il motore ancora alti, ad almeno dieci metri da terra (dopo aver calato gradualmente i giri, naturalmente!), allo scopo di non complicarsi la vita con più o meno consci interventi di motore che generano inevitabili piccole pendolate, le quali confondono il pilota inesperto che può anche andare in sovracorrezione.
Lo stallo finale é forse da anticipare di un istante rispetto al volo libero visto il carico alare solitamente più elevato, certo questo dipende dalla vela impiegata e dal vento presente in atterraggio. La cosa importante è presentarsi veloci in corto finale, per avere più energia da spendere nel raccordo. Il peso del PRM che grava sulla schiena (se il vostro é un mezzo moderno e leggero, s'intende!), non comporta problemi particolari. L'errore classico é invece quello di non correre, vedendo il terreno avvicinarsi rapidamente, ma lasciarsi scivolare con le gambe protese in avanti, per paura di chissà che. Dovrete al contrario prepararvi a correre, col busto avanzato, le gambe fuori dall'imbrago ed un piede davanti all'altro.
L'impostazione dell'atterraggio a motore spento dovrà naturalmente tenere conto della minore efficienza e più alto tasso di caduta che comporta la presenza della motorizzazione ausiliaria, col suo notevole peso e resistenza aerodinamica, rispetto al volo libero.


Testo: Davide Tamagnini
Foto: Giovanni Menna

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