RACCONTO
Buon Natale
di Davide Tamagnini
Fa freddo e la campagna, almeno qui da me, é tutta un pantano.
Ma non così per dire, é veramente tutta allagata, sembra una risaia; ovunque
l'acqua ristagna riflettendo il bianco delle nuvole. Dove non c'é acqua é
anche peggio: una melma spessa e vischiosa si avvinghia alle scarpe rendendo
pazzesco ogni tentativo di decollo, senza contare che poi la vela la devi
ficcare in lavatrice.
Così ci si inventa di tutto, sì perché poi qualche giornata meno fredda
e con qualche beneamato raggio di sole capita, ogni tanto. Avete notato come é
bello il sole d'inverno?
Un pò come sabato scorso, 21 dicembre. Telefono a Mario per dirgli che é
arrivata la sua tuta e lui mi fa: "Ci vediamo, oggi?"
"Mmh... Dove? La pista degli aeromodelli oggi é occupata..."
"Io mi vedo con Marco per fare esperimenti con le marmitte",
Mario fa sempre esperimenti con le marmitte, "se vuoi venire c'é il
piazzale, là dietro, é asciutto e si va da Dio!"
"Mah... Sarà... A che ora?"
"Due e mezza."
"Vabbò. Ci vediamo dopo".
Alle 14:40 sono a casa di Marco, che ha una officina meccanica in campagna
appena fuori dalla zona industriale. Naturalmente non c'é nessuno; telefono a
Mario che dice che Marco sarà in ritardo perché é andato a comprare le scarpe
con i bambini (!), ma che lui ora viene. Mi aggiro per i capannoni cercando il
famigerato piazzale. Un coniglietto bianco mi fissa dall'erba, senza paura. Mi
chino e quello viene da me: mi sfiora l'idea che possa essere Marco trasformato
da un incantesimo (giuro!) ma solo per un attimo, del resto chi non ha visto
cinquanta volte "Pomi d'ottone e manici di scopa"?
Trovo il piazzale: é microscopico e ricoperto di muffa verde, sporco di
terra e letame, chiuso a nord e a est da capannoni e con un bell'albero verso
ovest. Scartato all'istante.
C'é però un bel pratino rasato in leggerissima pendenza subito dopo
l'albero, che ha avuto modo di scaricare l'acqua nel prato successivo e che é
quasi asciutto (incredibile!). Capisco subito che fa al caso mio anche se ci sarà
da ridere al pensiero di appoggiare i piedi sul prato successivo durante la
rincorsa per il decollo visto che il primo é lungo circa cinque metri oltre la
lunghezza dei cordini e il vento é laterale e praticamente nullo (meglio, visto
che é laterale e passa sopra una rimessa...). Ma confido nella spinta del mio
mezzo e nei miei modesti 70 Kg. per un rapido decollo. Dove atterrerò non ho
idea ma meglio affrontare un problema alla volta, prima penserò a decollare,
poi ad atterrare...
Per guadagnare tempo monto il paramotore e lo porto a spalla sul posto (la
sbarra d'ingresso é chiusa), nel frattempo arriva Mario.
Il mio motore non ha una pompa manuale per far affluire la miscela al
carburatore, bisogna soffiare nello sfiato premendo la membrana per aprire il
circuito. Così faccio come al solito, ma non accade nulla. Ritento soffiando a
più non posso, rischiando l'iperventilazione, ma il circuito non si carica.
Stacco allora il tubetto di alimentazione e ripeto l'operazione, la miscela sale
subito. E' evidente che c'é qualcosa che non va al carburatore.
Dopo qualche patetico tentativo di avviamento decidiamo che non é il caso
di insistere perché non arriva miscela al cilindro (acc!), ci armiamo di santa
pazienza e iniziamo a smontare il carburatore. Filtro dell'aria, viti di
fissaggio, richiamo della farfalla, ok ce l'ho in mano: sarà il filtrino
intasato, Mario!, svita da questa parte! Pezzettini minuscoli vengono depositati
con cura religiosa su uno straccetto in mezzo all'erba, viene pulito e
controllato tutto quanto ma il filtro era già lindo e immacolato come fosse
nuovo... Non era quello, no. Si rimonta il lato in questione e si procede a
rimuovere la membrana dall'altra parte. Sembra tutto a posto, ma ecco che
facendo pressione sullo stantuffino del cavolo azionato dalla membrana
"tic!" si smuove qualcosa, ci siamo, penso, il bastardo si era
inchiodato a causa delle tre settimane di inutilizzo. Forse dovevo premere la
membrana con meno delicatezza. Rimontiamo il carburatore e proviamo di nuovo a
soffiare, ora infatti la miscela arriva e mi sbrodola le mani (che gusto, col
freddo!), si può ultimare l'assemblaggio.
Ad operazione conclusa il motore parte subito e mi fa sentire di nuovo il
suo familiare borbottìo, fantastico! Mi appoggio ai distanziali ed accelero
leggermente, l'elica si muove e vorticando emette la sua favolosa sonorità
armonica, che musica ragazzi! Si parte!
Mario mi aiuta ad aprire e sistemare la vela, mi vesto a dovere e mi
imbrago. Appena pronto avvio il monocilindrico e mi infilo i monumentali
guantoni Dainese sensibilità zero, che però tengono abbastanza caldo, anzi,
meno freddo (soffro il freddo alle mani). Con qualche difficoltà impugno tutto
il necessario ed accelero un poco per scaldare e spurgare il motore.
Indugio un pò di più in questa operazione perché é inverno. Osservo il
segnavento: laterale ma debole; traziono gli elevatori ed insisto bene di
braccia per non dare il tempo alla vela di "accorgersi" del vento
laterale.
Gonfiaggio perfetto, tutto gas e il motore si prende la responsabilità di
drizzare definitivamente la vela e metterla in pressione. Oltre 50 kg. sulla
schiena si sentono tutti e mi proiettano verso il mare di fango che ho davanti,
prendo a fare passi il più lunghi possibile (Mario dirà poi che sembravo un
capriolo), al massimo tre nel prato bagnato... Ma sono sufficienti per
inzupparmi completamente le misere scarpine da ginnastica che indosso (ma perché
non ho messo gli scarponi, poi?), e proiettare schizzi di fango su tutta la mia
affezionata tuta Sup'Air e persino sugli elevatori.
Vabbò, spero almeno di non aver imbrattato l'elica. Scrollo a più non
posso le scarpe dalla lima per evitare che diventino un blocco di ghiaccio e
mentre cerco di sistemare meglio il comando del gas sepolto dai guantoni Dainese
una sferzata di vento gelido riesce a penetrare tra il passamontagna ed il
colletto della tuta, facendomi realizzare all'improvviso che sì, finalmente,
sto volando!
I campi bagnati, i vigneti e i casolari, i fossi e le carraie ridotte a
fiumi di fango, i laghetti con i pescatori imbaccuccati e i platani spogli e
intirizziti. Ogni volta é una scoperta, sgironzolo senza meta per dieci minuti
e poi torno dove son partito, Mario mi osserva a naso all'insù forse é un pò
invidioso, non mi può imitare perché il suo mezzo non é ancora pronto. Tiro
dritto verso il quartiere S. Prospero, dove abitano i miei genitori. Per
arrivarci bisogna scavalcare due linee alta tensione, perciò si fa quota e via,
ecco i palazzi del mio vecchio quartiere, l'appartamento dei miei a pian terreno
col piccolo giardino. Due sgasate per dar voce all'elica e dar modo a mia madre
di accorgersi che sono lì, eccola infatti apparire sull'ingresso e agitare la
mano, contraccambio il saluto (mi fermo sempre a salutarla quando passo da
quelle parti), mio padre non c'é sarà in giro.
Sulla strada del ritorno rifaccio quota per via delle due antipatiche
linee elettriche e piano piano son di nuovo in vista di Mario che sgironzola per
i prati. Evidentemente ha capito il problema e sta cercando un bollo asciutto
dove possa appoggiare la vela, dopo un pò lo trova e si sbraccia per
indicarmelo. Sono in volo da una mezz'oretta e comincio ad avere problemi di
circolazione ai polpastrelli, perciò spengo e mi preparo all'atterraggio. E'
una manovra di precisione, mi concentro e... Hop! Fosse stata una gara sarei
arrivato a circa due metri dal centro, più che dignitoso. Mi sposto di lato e
adagio la vela su un'orecchia, Mario mi aiuta e la raccoglie, a quanto pare
siamo riusciti a non bagnarla!
Il tempo di ripegarla ed arriva Marco, con i suoi figlioli pestiferi. Lui
é un motorista, ed anche con le palle, e mi spiega che a bloccare lo
stantuffino pompa é stata probabilmente la benzina verde, che con l'inattività
tende a inchiodare ogni cosa. Meglio sarebbe acquistare benzina avio, secondo
lui.
Visto che sono lì montiamo il mio mezzo sul banco dinamometrico,
realizzato artigianalmente da Marco ma molto efficace. La prima sgasata a motore
freddo é impressionante: 60 kg di spinta, che poi si assestano sui 55/53.
Siccome la spinta cala leggermente dopo aver raggiunto il massimo regime, Marco
capisce subito che la carburazione é leggermente magra, perciò la ritocca
dopodiché la spinta si colloca sui 55 kg. costanti.
Ora é la volta del mezzo di Mario, in preparazione. Ha montato un Solo in
una gabbia da 130 cm. e in attesa delle nuove pulegge del riduttore fa
esperimenti con la sua vecchia elica da 80 cm. . Monta per farmela vedere una
eccezionale marmitta realizzata da un sudafricano che a sentire loro fa girare
da ufo qualsiasi motore. Avvia il Solo e lo scalda. Al salire di regime l'ago si
muove e, a parte il frastuono infernale raggiuge l'incredibile valore di 55/56
kg. . Niente male per un'elica da 80! Proviamo anche senza silenziatore (dita
nelle orecchie): la spinta cala e non supera i 50 kg. . Evidentemente lo scarico
é troppo libero.
Mario e Marco si avviano a fare esperimenti con altre marmitte e
silenziatori, io ringrazio e mi avvio verso casa, contento di avere strappato un
voletto a questo inverno piovoso.
Con questo raccontino auguro a tutti un sereno Natale e un nuovo anno
ricco di voli entusiasmanti.
Ciao ciao
Davide